Pausa: l'Italia che non hai visto

Lo so, non ne avevi voglia.
Lo so, arrivava al momento sbagliato della stagione.
Lo so, la pausa di settembre crea più rabbia che attesa, e i ricordi freschi di quel mesetto difficile in Germania non aiutano, poi.
C'è quindi una buona probabilità che tu, le partite dell'Italia, non le abbia neanche viste.
Forse hai dato un'occhiata distratta a Sofascore verso le 9 e 10 di venerdì sera e hai sogghignato a quel gol preso dopo soli 14 secondi. Magari hai passato una decina di minuti sui social a capire che cosa fosse successo. Hai trovato il video, hai sogghignato ancora e poi te la sei messa via, che tanto, ormai, cosa vuoi che facciano questi.
Lo abbiamo pensato anche noi in quei 4 o 5 minuti dopo il gol francese. Quelli in cui Barcola ci sembrava troppo fresco, troppo versatile, troppo in controllo del suo corpo e di come lo usa per passare oltre avversari come il povero Di Lorenzo. Ancora Di Lorenzo.
Poi, però, l'Italia ha fatto altro.
Ha messo in mostra quella fluidità che il nostro campionato ormai offre in diversi contesti. Ci ha ricordato perché Tonali è andato al Newcastle per un'ottantina di milioni e ci ha mostrato un'identità più vicina a quella vista nelle qualificazioni che all'Europeo stesso.
Cos'ha funzionato, quindi?
Usare i dati per estrapolare trend da due sole partite è utile più per vendere fumo che per fare analisi. Qualcosa c'è, ma si limita al contesto della partita, o ancor meglio, al momento della partita.
L'Italia infatti ha mostrato di saper fare molte cose diverse. A tratti si è abbassata compatta lasciando il controllo del pallone gli avversari. Lo ha fatto con la Francia – perché contro di loro ti tocca, anche se ne farebbero volentieri a meno – ma anche contro Israele.
Un po' per principio, un po' per quello che facevano gli avversari, abbiamo alternato molto l'altezza delle nostre linee. Contro la Francia i recuperi alti sono stati più sporadici, sì. Ma anche contro Israele l'Italia non ha rinnegato alcune fasi in cui difendeva più vicina alla propria porta che a quella degli avversari.

Se è vero che alcuni cali di attenzione ci hanno esposto a situazioni pericolose, è anche vero che abbiamo difeso molto bene l'area di rigore.
Per dire, nessuno dei cross – pochi, eh – tentati da Francia e Israele ha assistito un tiro.
3 delle 9 conclusioni concesse da dentro l'area di rigore sono finite sui corpi dei nostri ancor prima di arrivare in porta – AKA sono state bloccate – e la qualità media delle occasioni concesse è stata molto bassa.
Quanto bassa?
Se usiamo il valore xG medio, non andiamo oltre lo 0.084.
Le occasioni concesse, quindi, avevano una probabilità media di finire in gol dell'8.4%.
Una percentuale che, in Serie A, per esempio, è superiore soltanto a quella concessa dalla Juve in questo inizio di campionato.
A chi però urla di felicità per vittorie in vecchio stile, si può mostrare subito tutte le cose che il vecchio stile non andava nemmeno vicino a cercare.
Di fluidità posizionale e del coraggio mascherato dal 3-5-1-1 avevo già scritto qui, ma c'è anche altro.
A Parigi e Budapest abbiamo creato tanto anche recuperando palla in avanti.
Frattesi si è creato così i presupposti per il suo gol al Parco dei Principi e ha fatto lo stesso per quello di Kean in Ungheria. Ma, contro Israele, Frattesi non è stato il solo a far nascere qualcosa da un'azione difensiva ambiziosa.
Qui il recupero di Dimarco potrebbe sembrare isolato ma la squadra è lì, pronta a sfruttarlo. Se il pallone scorre via fino a trovare un Bellanova completamente solo è anche perché l'Italia aveva già portato 6 uomini dentro l'area di rigore.
Non eravamo arrivati al tiro 5 minuti prima, quando Ricci aveva ormai visto troppe cose brutte uscire dai piedi di Gerafi per non capire che quel passaggio verticale sarebbe stato poco preciso.
Forse pensava che Raspadori fosse in fuorigioco o di avere più spazio per condurre, non so, ma anche in questo caso un recupero alto ci aveva messo nella posizione di poter creare un'occasione pulita.
Questa capacità di attaccare con le flotte, di portare tanti uomini ad occupare i vari spazi ci ha dato tanto, in queste due partite. Lo abbiamo fatto quando sviluppavamo la manovra, passando velocemente da un lato all'altro del campo, o nella trequarti avversaria, quando infilare gli uomini tra le linee e fissarne alcuni in ampiezza ci aiutava a rendere l'area di rigore più difficile da difendere, per gli avversari.
Portare così tanti corpi sopra la linea del pallone è rischioso, sì. Al Parco dei Principi, nei primi 30 minuti, ci siamo fatti stanare più di una volta. Ma se già alla ripresa le nostre coperture preventive erano più puntuali, se gli spazi tra le linee si erano già ridotti, sarà anche perché questa Italia sembra essere d'accordo su quello che deve fare, no?
Contro Israele abbiamo rischiato quasi nulla in transizione eppure di occasioni per farlo ce ne sarebbero anche state.
Siamo ancora sporchi, secondo Spalletti, quando ci troviamo lì a muovere palla nella trequarti avversaria. Ci facciamo sorprendere quando la dobbiamo far passare tra più corpi, nello stretto. Quando pressati a ridosso dell'area avversaria.
E non ha torto.

Ti dirò di più: anche Frattesi è stato poco pulito negli ultimi 30 metri.
Magari non te ne sei reso conto perché Sofascore queste cose non te le mostra, ma per una sessantina di minuti, contro Francia e Israele, Frattesi aveva mostrato alcuni dei motivi per cui Inzaghi fa fatica a trovargli un posto davanti a Mkhitaryan, nella sua Inter.
Niente di disastroso, certo. Ma che a Frattesi manchi la capacità di essere pulito nello stretto non è una novità.
In queste due partite, tra i giocatori dell'Italia con almeno 5 passaggi tentati nel terzo offensivo, è stato l'unico a non andare oltre il 50% di precisione.

La complessità di questa Italia, però, sta anche nei suoi interpreti. Frattesi incluso.
Spalletti uno come lui non lo toglie. Neanche adesso che, con Tonali dall'altra parte e Ricci al centro, la "qualità di corsa" non manca.
Frattesi non lo togli per tutto quel campo che copre ad alta intensità; per la pressione che porta ai registi avversari fino a ridosso della loro area; per come li fa preoccupare come me o te quando andiamo a prendere il pane e lasciamo la macchina 5 minuti ferma senza pagare il ticket.
Tanto prima o poi le energie calano, l'attenzione cala, e le gambe di Frattesi sono lì a fartela pagare: ti sbucano fuori da qualche parte quando ormai basta la sua punta del piede per far viaggiare via il pallone nella direzione opposta alla tua.
Frattesi non lo togli perché quelle corse che porta sempre con continuità spesso finiscono dentro l'area avversaria. E dentro l'area avversaria, il pallone tende a sincronizzarsi con i suoi movimenti.
È più probabile che sia il contrario, certo. Prima pensavo che il grosso del suo rendimento realizzativo arrivasse da generosità e pensiero positivo. Perché ormai Frattesi è portato a credere in situazioni che neanche si possono intravedere.
Ma se fai un gol di petto così, forse c'è qualcosa di più. Forse quella sua coordinazione a volte goffa è soltanto il modo con cui il suo corpo si adatta per trasformarsi in uno strumento di passaggio. In un utensile che, dentro l'area di rigore, sa modellarsi a seconda di quello che serve per mandare il pallone dentro la porta avversaria. Che sia con petto, testa, punta o collo del piede.
Locatelli sembra poter fare una grande stagione, Ricci sta crescendo, Tonali viaggia già su ritmi alti, e Barella non si discute. Prima o poi, Spalletti dovrà togliere qualcuno di forte a centrocampo. A pochi mesi dall'Europeo, però, avere problemi come questi è già un bel segnale.
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