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Cosa È Successo Nel Weekend Ep.14

Grafici e gif sul weekend di Serie A
Cosa È Successo Nel Weekend Ep.14

Il Napoli ci stava riuscendo

Il Napoli si fa zero problemi a lasciarti muovere palla. Ma proprio zero. Se è sopra nel risultato, se manca poco alla fine, ammassa corpi verso la propria porta con il solo intento di farti impazzire con il tuo possesso sterile e vulnerabile.

Ma il Napoli ormai si fa zero problemi anche a rimanere uno contro uno dentro la sua metà campo. Ti viene a prendere volentieri nel tuo terzo difensivo per vedere se hai gli strumenti giusti. Se sai resistere alla pressione delle sue mezzali avengers. Attacca i suoi centrali alle tue punte e non si scompone quando le fai muovere di continuo in giro per il campo.

Il Napoli di Como è stato questa cosa qui, per almeno un tempo: riconquiste alte, lanci lunghi forzati, errori causati da corpi troppo grossi per non farsi sentire su quelli di Da Cunha, Perrone e Caqueret.

Ok, forse hanno impressionato più me, ma ci siamo capiti.

Non sono abituato a vedere il Como così in difficoltà nel gestire il pallone. I limiti di Kempf e Goldaniga non sono nuovi, ok, ma si vedono meno se dall’altra parte hai, che ne so, la pressione fiacca della Fiorentina?

Ti do un primo dato: il Como aveva guadagnato soltanto 623 metri con i passaggi completati nel primo tempo. Il più basso numero mai registrato in questo campionato.

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Gli eventi pesano molto, nel calcio, ma quello di Rrahmani neanche tanto. O meglio: il Napoli non sembrava averne risentito. Continuava a battere forte sulla costruzione del Como ma anche in riaggressione. 10 minuti più tardi Raspadori si fa sfilare via il pallone dentro la metà campo avversaria ma non si scompone. Continua la corsa come se fosse niente ma accelera il passo di quel che basta per togliere serenità a Kempf.

Il Napoli stava riuscendo a imporre una partita spiacevole al Como, quindi. Ma tra mercato e infortuni, non siamo in quella fase di stagione in cui riesce a fare le cose bene per tutta la partita. Deve modellarla in base alle energie che ha, di momento in momento.

Non so bene dirti dove finisca la questione fisica e dove inizi quella mentale. A me pare difficile anche solo prestare attenzione a quello che succede in campo per 90 minuti, figurati loro quando devono tracciare Caqueret, Nico Paz e Diao in giro per il campo.

Insomma, più passava il tempo e più il Como guadagnava metri. Più passava il tempo e più Conte chiedeva ai suoi di risalire il campo in modo diretto. Il pressing del Como si faceva più pericoloso, e la lucidità per aggirarlo stava venendo meno.

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Il Napoli ha concesso poco e niente quando doveva gestire attacchi posizionali, ma il Como ti concede poche incertezze quando gestisci il pallone dal basso.

Te lo raccontano come bello, palleggiato, talentuoso, questo Como, ma ti dicono poco di quanto sia rognoso quando vuoi costruire dal basso senza troppi problemi.

Erano nate da transizioni veloci i pochi pericoli creati nel primo tempo. È nato da una transizione veloce anche il gol di Diao.

Non è stata la miglior partita del Como. Non è stata neanche una partita sopra la media, per il Como. Ma il sacco dei crediti accumulati era piuttosto pesante e una partita così ti ricorda che prima o poi quei crediti vanno riscossi.

Il nuovo Parma ha bisogno di questo

Ti aspettavi qualcosa di diverso, ok, ma mettiti nei panni di Chivu.

Sei alla prima in A sulla panchina di una squadra con vulnerabilità che si incastrano perfettamente con i punti di forza di chi affronti. Avresti bisogno di una figura capace di resistere alla pressione avversaria ma perdi Bernabé dopo 6 minuti.

Non puoi permetterti niente.

Non puoi lasciare che Estevez si faccia attrarre dal costruttore avversario lasciando buchi alle sue spalle. Non puoi pensare che il tuo terzino possa gestire quei 2 contro 1 fluidi che il Bologna usa per crearsi spazio lungo le corsie laterali.

Non puoi difendere in inferiorità numerica dentro l’area. O sul secondo palo.

Non puoi farti trovare aperto in transizione quando perdi palla.

E allora?

Quando hai la palla tieni la testa alta per vedere come puoi andare direttamente sulle punte. Con Suzuki, o con chi gli sta davanti. Magari liberando spazio al centro e portando un pallone pulito a Bonny.

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Ti aspettavi qualcosa di diverso dal possesso del Parma, ok. Ma cosa dici del resto?

Non so quante partite del Parma hai visto in stagione, ma non tendono a vivere bene quelle partite piene di palle contese, di possessi sporchi e seconde palle da vincere in successione.

E invece contro il Bologna l’hanno vinta anche così. Rimanendo compatti, nascondendo bene i loro limiti. Difendendo meglio l’area e le corsie laterali. Con sei uomini bassi a tracciare tutti i corpi del Bologna, sì, ma anche riducendo le distanze tra le linee per sfruttare meglio le palle che uscivano dai continui duelli in mezzo al campo.

Di minimalismo non si vive — lo sta capendo anche Palladino — ma il nuovo Parma ha mostrato caratteristiche a cui non potrà rinunciare per rimanere in Serie A.

L’Inter non è abituata ad avere questi problemi (con il pallone)

Pensare di poter controllare l’Inter a San Siro è troppo.

Acerbi che si stacca in avanti, Bastoni che mostra le sue tendenze invasive, la prima linea dell’Inter che alterna centrali, braccetti e centrocampisti senza sembrar voler trovare una soluzione fissa. Difficile, no?

Come puoi pensare di controllare questa cosa qui?

Eppure certe volte ti viene voglia di capire cose nuove.

Ti presenti con idee che magari gli altri non si aspettano, che forse neanche i tuoi giocatori si aspettano. Vuoi vedere cosa c’è dall’altra parte. Hai già visto diverse squadre creare problemi alla costruzione dell’Inter e a centrocampo hai Frendrup che può coprire più campo di tutti, più a lungo di tutti. Ci pensi, quindi. L’idea ti intriga.

Pensi a cosa può essere il tuo Genoa se si alza alto e aggressivo a sporcare anche quella costruzione fluida lì.

Perché se poi ci riesci, se gli prendi le misure, se li fai sentire meno sicuri quando ricevono la palla addosso, allora il loro possesso può diventare meno ambizioso, più statico.

L’Inter è piena di gente che sa combinare nello stretto per farti fare brutta figura, ma qualche limite esiste, e il Genoa ne ha approfittato, nella partita di sabato.

Ha tracciato i corpi fluidi in costruzione aggredendoli appena muovevano il pallone indietro o verso le corsie laterali.

Dimarco è in quella fase della stagione in cui cerca di seguire l’istinto, ma l’istinto non si fa seguire volentieri. Dumfries, senza opzioni facili per scaricare il pallone, diventa una fonte di transizioni (allego esempio).

Inzaghi non rinuncia a Mkhitaryan, ma Vieira gli vuol far capire che forse dovrebbe. Che Frendrup ti viene a prendere ovunque, se non hai gamba e lucidità per tenergli il pallone lontano.

Il Genoa ha fatto una partita quasi perfetta. Non ha sfruttato al meglio tanti palloni recuperati in alto, va bene, ma si è comunque dato la possibilità di portare a casa punti, anche con l’ingresso del ragazzino.

Forse avevi cose da fare sabato sera e ti sei limitato a guardare il risultato, magari qualche statistica aggregata. Forse hai pensato a una partita tirata, ma di dominio. Una di quelle frustranti che si fanno sentire sul peso di squadre che si portano dietro tante aspettative.

E invece l’Inter ha fatto proprio fatica a portare palla dentro la trequarti avversaria.

Gli ci sono voluti almeno 60 minuti per costringere il Genoa a difendersi più spesso dentro la propria area.

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A volte capita di avere un’impressione, ma poi i dati dicono altro. Magari hai visto la partita un po’ distratto, ti sei fatto trasportare dal peso degli eventi.

In questo caso, però, i numeri confermano le sensazioni di un Genoa particolarmente efficace nel sporcare i possessi dell’Inter.

Guarda qui.

Soltanto contro l’Arsenal, in stagione, l’Inter aveva tenuto palla per meno tempo.

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Soltanto contro l’Arsenal, in stagione, l’Inter aveva fatto più fatica a portare palla dentro la trequarti avversaria dopo aver costruito dal basso.

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Se fino al settantottesimo il weekend sembrava poter prendere una piega diversa, per l’Inter, molto lo si deve al Genoa e alla sua miglior prestazione difensiva di questo campionato (piazzati esclusi, ok).

Locatelli, unleashed

Se hai anche tu avuto la sensazione che il Cagliari non avesse preparato bene la schermatura di Locatelli, beh, non sei stato il solo.

Nel secondo tempo si è spostato più spesso a sinistra per trovare aria, ma nel primo sfruttava la superiorità numerica con i due centrali per coordinare la risalita della Juve.

I 23 ingressi nel terzo offensivo di Cagliari sono il più alto numero registrato da un giocatore della Juve in stagione. Alla pari con lo stesso Locatelli in Juve - Milan di un mesetto fa, ok. Ma con una ventina di minuti giocati in meno.