Cosa è Successo Nel Weekend Ep. 6

Cosa ci dice una singola passmap
L'uso dei dati, nel calcio, cambia a seconda di chi deve consumarli. Se lavori per un club, analisi e grafici tendono a essere molto specifici. L'obiettivo è dare risposta a domande del campo, o a quelle che ci si fa quando la squadra va rafforzata.
Non si vedono troppe passing maps, nei power point che metti davanti a direttori sportivi o allenatori. Sono troppo generiche, fuorvianti. Richiedono troppo tempo per essere interpretate, troppo contesto.
Di tanto in tanto, però, quelle mappette piene di connessioni e pallini più o meno grandi, ti aprono la mente. Se ti dai qualche secondo, possono anche svelarti qualcosa di nuovo.
Prendi questa della Lazio contro l'Atalanta.
Cosa noti?

Se la tua versione cinica ha preso il meglio di te, oggi, allora ridurrai tutto a un le posizione medie non contano nulla. Se invece sei ancora esaltato dal picco glicemico infinito delle feste, allora puoi darti anche l'opportunità di andare oltre.
C'è una grande confusione in quelle posizioni medie perché c'è stata una grande fluidità nella Lazio che sembrava poter incartare l'Atalanta.
Tchaouna era l'attaccante di destra, in teoria, ma finiva spesso al centro, o a fare banda con gli altri a sinistra. Zaccagni riceveva largo, ma solo quando non c'era Nuno Tavares a battere sulla corsia esterna. Dele-Bashiru si incastrerebbe in quello slot da mezzala di destra, ma in realtà finiva spesso per attaccare gli spazi svuotati dai compagni.
Se ti chiedo quattro o cinque nomi di centravanti associativi, di quelli che aiutano la manovra aggiungendo qualcosa in più di un appoggio in velocità, non pensi a Castellanos.
Ma il suo coinvolgimento è stato al centro di quella fluidità pensata per far saltare i riferimenti dell'Atalanta.
Non aveva mai ricevuto così tanti passaggi progressivi, da quando è alla Lazio. Non era mai stato coinvolto così tanto dentro la propria metà campo, o appena dentro quella avversaria.
Non aveva mai contribuito a guadagnare così tanti metri verso la porta avversaria.

Marchegiani stava giusto dicendo che la Lazio non era ancora riuscita a tirare fuori l'Atalanta con il suo palleggio quando una ricezione bassa di Castellanos attirava attenzioni e apriva spazi riempiti poi bene da Rovella e Dele-Bashiru.

Certo, c'è stato altro, in Lazio - Atalanta. La rabbia di Gasperini. I cambi di Gasperini. I cross dell'Atalanta. Gli errori sotto porta dell'Atalanta. La capacità di Zaniolo di rendersi ancora utile dentro l'area di rigore avversaria.
La Lazio costruisce spesso in modo diretto, dal basso. Le piace alzare l'intensità. Mostra sfumature più associative in avanti. Sulla trequarti. Quando la palla è là dietro sembra quasi volerla spingere su il più in fretta possible. Troppo in fretta, a volte. Era successo contro l'Inter e quella frenesia verticale si è rivista anche nel secondo tempo contro l'Atalanta.
Non era mai stata così diretta in costruzione, in questo campionato.

Baroni è d'accordo quando gli si chiede se la sua squadra avrebbe dovuto fraseggiare meglio nell'ultima mezzora. La Lazio deve ancora imparare a difendersi con il pallone. A vivere meglio quei momenti di partita in cui non può muovere palla e corpi con la stessa fluidità, con la stessa intensità.
È un salto che soltanto poche squadre riescono a fare. Aspettarselo dalla Lazio, a questo punto della stagione, sarebbe forse troppo.
Perché un Lautaro così non si era mai visto
Stramaccioni ha passato 90 e più minuti a dirci che Lautaro è questo qui, oggi. Che è sempre più rifinitore. Che con Thuram a minacciare lo spazio alle spalle della difesa, tocca a Lautaro muoversi incontro, staccarsi verso il basso, legare il gioco.
Lautaro queste cose le fa ormai da un bel po'. Il rendimento sotto porta della scorsa stagione ci aveva distratto. Ma anche senza la capacità distributiva di un, che ne so, Harry Kane? Lautaro riesce spesso a rendersi utile quando c'è da rendere il possesso dell'Inter più pericoloso anche lontano dalla porta.
Quell'influenza sulla manovra dell'Inter non è mai stata così evidente come oggi.
Come mai?
Un po' perché le difficoltà nel trovare il gol ci portano a guardare a altro. Ma non solo.
Misurare un coinvolgimento come il suo non è facilissimo, se non vuoi cadere nella banalità. Assist ed expected assist c'entrano poco con quel lavoro di cucitura che spesso avviene a quattro o cinque giocate di distanza da un gol.
E allora, in questi casi, a me piace guardare al volume di link-up plays. Inglesismo orribile, ok, ma, perdonami, non saprei come tradurlo in italiano. Sono quei passaggi che una punta effettua dopo aver ricevuto un passaggio progressivo. È una metrica che controllo spesso perché abbina due cose: capacità di farsi trovare in verticale e di trasformare quella ricezione in una soluzione pulita.
Ok ricevere un passaggio progressivo – quello che ti avvicina alla porta del 20% o più – ma quel passaggio devi poi renderlo utile. E Lautaro ci sta riuscendo con una frequenza inedita.

Nel grafico qui sopra, ogni cerchietto indica a che media stava viaggiando Lautaro nelle 10 partite fino a quel specifico momento della stagione.
Puoi soffermarti su tanti punti diversi. Sul picco di inizio stagione 23/24. Sul calo che coincide con quel periodo in cui Lautaro faceva gol con grande facilità. Sulla crescita di fine stagione, quando invece i gol arrivavano meno frequentemente. O sul sostenuto aumento che Lautaro ha saputo garantire sin dall'inizio di questo stagione.
Il picco di coinvolgimento, di ricezioni progressive che si sono trasformate in una soluzione utile (una link-up play, appunto) è arrivato proprio nelle ultime 10 partite (Cagliari - Inter inclusa): 6.4 per 90'.
L'Inter prende meno gol, e continua a farne tanti. Lautaro non è mai stato così utile per la manovra e si è anche sbloccato. Ci sono cose peggiori di essere Simone Inzaghi, in questa fine di 2024.
Come la Juve ha manipolato la struttura della Fiorentina
Se ti difendi in un 4-4-2 non puoi fare a meno della compattezza. A seconda dell'altezza dei tuoi esterni puoi formare esagoni o quadrati che cercano di fare un po' di tutto: sporcare le uscite da dietro dei centrali, ingabbiare i costruttori avversari, ma anche tracciarne gli invasori, quelli che si muovono a ridosso della punta.
Non puoi permetterti un attaccante con la postura sbagliata, o una scalata sbagliata, in un 4-4-2. Neanche se sei la Fiorentina che ha costruito i suoi risultati sulla compattezza difensiva.
La Juve è ancora lontana dall'essere una macchina produttiva ma contro la Viola ha saputo usare bene il pallone per manipolarne la struttura. Anche grazie alle letture dei suoi uomini.
Quando Thuram riceve nello spazio, al diciannovesimo, il grosso è già fatto. Gli errori della Viola si sono già accumulati. La manipolazione della Juve è stata già impacchettata.
Quando si abbassa minacciando di ricevere palla da Kalulu, Thuram fa due cose utili: si porta dietro Cataldi e influenza il posizionamento di Gudmundsson.
La linea da 4 della Fiorentina va rimpastata per non rimanere in inferiorità numerica ma Comuzzo ha troppa strada da fare per andare a prendere Locatelli.
E infatti...

Kalulu ha tempo e spazio per servirlo. Thuram sfrutta la corsa di Cataldi – e la sua passività nel leggere cosa sta succedendo – per scattargli alle spalle.

Dodo e Ranieri si staccano in ritardo perché non sanno che scelta prendere: mollo il mio uomo o spero che sia il mio compagno a chiudere?
Hanno sperato. Entrambi.

Il secondo gol della Juve nasce da una dinamica diversa ma evidenzia quella stessa difficoltà della Fiorentina nel gestire l'inferiorità numerica a centrocampo.
La Juve è sempre a sinistra. Gatti si è alzato attirando l'attenzione di Cataldi. Locatelli riceve palla e si rende conto che stavolta Adli non ha tracciato Koopmeiners. È rimasto lì nella mischia, attaccato a Thuram.
La traccia di Locatelli è di, non so, una dodicina di metri? Non un numero esagerato, ma neanche una distanza impossibile da colmare con un'uscita alta, Luca Ranieri.
Giusto?
Giusto?

A Ranieri l'idea verrebbe anche, ma poi si pente, o si preoccupa di Vlahovic che gli alita sul collo, non saprei.
La traccia per Dusan sparisce, ok. Ma Koopmeiners ha Conceicao che non vede l'ora di puntare un'altra volta Parisi, e Thuram che approfitta ancora una volta della passività dei centrocampisti della Viola per infilarsi nello spazio.

Il passaggio di Koopmeiners dovrebbe arrivare prima, ma Conceicao è già entrato in quella fase di carriera in cui è così insistente nel richiedere la palla da riuscire a influenzare la pulizia di pensiero dei compagni.
Koopmeiners è tentato. Lo spazio a destra è tanto. Ma la traccia per Thuram è quella giusta. O meglio, era quella giusta.
Il passaggio forse sarebbe stato preciso, ma i dubbi di Koopmeiners hanno già portato la Fiorentina a stringersi attorno a Thuram.
Cataldi è però ancora in ritardo. Troppo in ritardo per uscirne con le mani pulite. Pensa di aver rimediato ma invece la allunga di quel tanto che basta per mettere Thuram nelle condizioni migliori per calciare.

Si sono viste anche cose meno belle, ieri. Ma è Natale e dei limiti della Juve parliamo ormai da qualche mese.
Goditi Locatelli. Goditi Thuram. Ai pareggi e alla passività dentro l'area puoi iniziare a pensare con il nuovo anno.
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