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Cosa è Successo Nel Weekend Ep. 5

Chi cerca di rimediare, ma peggiora. Chi deve gestire i suoi limiti. Chi le sue intenzioni. Cosa è Successo Nel Weekend di Serie A.
Cosa è Successo Nel Weekend Ep. 5

Una buona e una cattiva notizia

Parto dalla buona: quella vulnerabilità difensiva di inizio campionato è molto meno evidente, oggi.

Nelle ultime 5 partite il Toro ha concesso meno di 1 xG, in media, per la prima volta in stagione.

Ma se come me decidi di spendere 90 minuti del tuo sabato pomeriggio guardando Torino - Bologna, sai già qual è stato il prezzo di quella maggiore solidità difensiva:

L'assenza di Zapata pesa, va bene. Ma il Torino non sembra avere soluzioni alternative al cross per produrre occasioni. Rinuncia volentieri a fare la partita e risale il campo combinando lungo le catene laterali quel poco che basta per cercare una giocata diretta sulle punte. Senza Zapata e con Sanabria-Karamoh davanti, le possibilità di associarsi in velocità si riducono. Senza Ilic e Vasic, le soluzioni in fase di rifinitura diminuiscono. E così ti trovi a sperare che Gineitis metta un cross pulito. Che Karamoh possa creare qualcosa. Che Pedersen sia più preciso nella sua palla di prima, in diagonale, per le punte. O che Adams la metta dentro da casa sua.

Nelle ultime 8 partite il Toro ha segnato soltanto una volta su azione. Con Che da centrocampo.

Non ha prodotto neanche una grande occasione. Non ha segnato da fuori o da dentro l'area. Ha calciato soltanto una volta da dentro l'area piccola – dopo una palla dentro-fuori e poi una fuori-dentro. Sviluppando con centrocampista, esterno e punta. Nello stretto, in velocità, in diagonale. Alla Vanoli! – e Vojvoda non sapeva neanche cosa fare con quel pallone. Lo colpisce con la paura di uno che non calcia mai verso la porta, e che si trova davanti un'occasione troppo grande per poterla gestire con dignità.

Serve una punta, al Toro. Ma serve anche entusiasmo, al Toro.

Due Napoli a Genova

Vitinha largo a sinistra? A impazzire cercando di capire chi tracciare? Preso in mezzo a quel triangolo con i vertici che ruotano continuamente?

Al Napoli sono bastati dieci minuti per farci capire che il lato destro poteva essere sfruttato ancor di più, contro il Genoa, e altri dieci per mostrarci come anche a sinistra Olivera e Neres potevano combinare in maniera fluida.

Non c'era traccia di vulnerabilità nel Napoli del primo tempo. Non c'erano segnali di poter lasciare la partita in bilico. Il Genoa non riusciva a tenere pulita l'area o a contrastare le combinazioni lungo le catene laterali. Non usciva palla al piede se non sperando in una corsa giusta di Miretti a dettare un passaggio tra le linee.

Ma se hai sentito le parole di Conte nel post-partita, sai già che le cose sono cambiate, nel secondo tempo.

Il Napoli ci ha abituato a poter gestire le partite anche senza il pallone. Si accontenta spesso di lasciare il possesso agli altri. Tanto stanno lì compatti dentro la propria metà campo e non vedono l'ora di poter sfruttare quello spazio che, prima o poi, potranno andare ad attaccare. In teoria.

A Genova le sensazioni sono state diverse. Non sembrava che il Napoli avesse voglia di farsi attaccare. Non sembrava che fosse pronto a farsi aggredire. Aveva passato 45 minuti a gestire il pallone senza troppa pressione. Il Genoa gli aveva concesso circa 27 passaggi prima di cercare di recuperarlo. Ma i secondi tempi del Genoa sono già costati panchine, in questo campionato. E anche il Napoli è sembrato sorpreso da quella folata di intensità.

Per riconquistare un possesso nella metà campo avversaria devi alzare i corpi fino alla metà campo avversaria. Il Genoa non c'era quasi mai riuscito, nei primi 45 minuti, ma le riconquiste alte sono state addirittura 6 nei soli primi 15 minuti del secondo tempo.

Nasce così il primo miracolo di Meret su Piamonti. Nasce da un recupero alto anche la sgroppata di Vitinha che porta al gol di Pinamonti.

Politano dice che "vincere soffrendo è ancora più bello" ma Conte non sarebbe d'accordo.

Il Napoli non si era mai abbassato così tanto in stagione nel secondo tempo. E se ha portato via 3 punti, da Genova, lo deve soprattutto al suo portiere.

In cosa può fare meglio la Juve

Thiago Motta non ha voglia di dire niente. Non in conferenza stampa. Non prima della partita. Non a DAZN, Sky o Mediaset. Vive le interazioni con i media come io e te viviamo i dieci minuti di fila in posta. Spera che passano veloci e senza danni.

Dopo la vittoria di Monza, però, gli hanno chiesto perché la Juve abbia "difficoltà quando deve attaccare per vie centrali" e lui si è aperto un attimo, aggiustando il punto di vista: "per me veramente possiamo fare molto meglio la fase in uscita da dietro. Poi per arrivare centralmente abbiamo le qualità per farlo, l'importante è capire cosa fare in determinati momenti. Se uscire nel giocare la palla oppure darla lunga".

La Juve non aveva mai registrato una così alta percentuale di lanci lunghi in costruzione come a Monza, ma non sono sicuro che il piano fosse questo.

Forse è stato un meccanismo di risposta a qualche errore di troppo in costruzione, a qualche difficoltà nell'andare oltre a una pressione non troppo costante, ma che ha esposto qualche distrazione in più.

Il grafico qui sopra ti mostra anche come, con il tempo, la Juve abbia spezzato quell'equilibrio delle prime partite. Alterna maggiormente una costruzione diretta a una più paziente. Dipende da chi si trova contro, ma anche da che materiale ha a disposizione.

Una linea con McKennie, Kalulu, Gatti e Savona non ti rimane in testa per come muove palla anche quando sotto pressione. Con Pablo Mari a tracciare Vlahovic, poi, e Nico Gonzalez a ronzargli attorno, una risalita più diretta poteva anche tornare utile.

Ma la Juve di Monza è un po' più distratta. Nico per vie centrali ha perso qualche palla di troppo, Kalulu ha reso meno sia con il pallone che senza. Una risalita più diretta mette alla prova la tua capacità di gestire al meglio le transizioni, e la Juve non lo ha fatto benissimo, a Monza.

Soltanto l'Inter, tra le avversarie della Juve in questo campionato, aveva registrato una più alta percentuale di sequenze concluse con un tiro del Monza.

Il Parma è l'avversario perfetto per questa Roma

Te la ricordi Genoa - Roma? Koné non si era ancora integrato. Hummels ancora meno. Saelemaekers si era già spaccato e la Roma sembrava giusto in mezzo a quel mare di incertezza che ti tocca affrontare quando cambi tante cose, in estate.

A Genova, con De Rossi, la Roma aveva creato occasioni dalla qualità più alta della media (0.14 xG per tiro). Aveva mostrato i primi segnali positivi dell'interazione tra Dybala e Dovbyk. Ci aveva fatto capire che Pisilli avrebbe giocato molto in stagione.

Eppure la qualità di quelle occasioni nemmeno si avvicina a quella registrata dalla Roma contro il Parma (0.24 xG per tiro, rigori esclusi).

Difendere con una linea a 4, quando ti attaccano in 5 o 6, non è facile. Il Parma ce lo ha fatto capire più volte in stagione. E quando hai Paredes che ti minaccia di farti passare il pallone sopra la testa; quando affronti una Roma che riempie bene ampiezza e corridoi interni, quelle difficoltà vengono fuori più spesso.

Il grafico qui sotto ti mostra dove finiscono i passaggi progressivi della Roma. A sinistra hai la distribuzione stagionale. A destra quella contro il Parma.

Se ti prendi qualche secondo noti che la Roma ha dovuto passare meno per la zona di rifinitura. Ha battuto più spesso il quadrato di campo battuto da Angeliño, ha portato più spesso il pallone in area, ma anche nel corridoio interno di destra.

Proprio a destra, usando la minaccia dell'ampiezza e la possibilità di attaccare lo spazio tra centrale e terzino, sono nate le interazioni tra Dybala e Saelemaekers.

Le combinazioni tra i due sono state le più frequenti in Parma - Roma. Più di quelle tra centrali che di solito inspessiscono le varie mappe. Più di fraseggi tra portiere e centrali. Più di quelli tra terzini e centrali.

Dybala - Saelemaekers davanti a tutti.